Operazioni anti-‘Ndrangheta in Calabria, Piemonte, Abruzzo e Lombardia

Gestivano da anni la latitanza di uno dei più importanti boss della Piana di Gioia Tauro, continuando intanto a coordinare le operazioni del clan Pesce. È con queste accuse che 11 persone sono state fermate a Rosarno dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco. Gli arrestati sono ritenuti responsabili di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni, nonché favoreggiamento personale nei confronti del boss Marcello Pesce, mente strategica dell’omonimo clan, individuato il 1 dicembre scorso.

Pesce, nonostante la latitanza, ha continuato a gestire gli affari del clan e a intessere una rete di relazioni che è sempre stata uno dei patrimoni fondamentali del clan. Relazioni che il boss curava in tutta tranquillità grazie ad un sistema di staffette che ne proteggeva spostamenti e appuntamenti e una strutturata tela di vivandieri e ambasciatori.

Abbiamo accertato rapporti collusivi anche con le forze dell’ordine che hanno reso necessaria l’immediata esecuzione del provvedimento -spiega il procuratore aggiunto Gaetano Paci, che insieme al procuratore capo Federico Cafiero de Raho, ha seguito in prima persona l’indagine insieme ai pm della Dda-. Questo genere di relazioni è uno storico marchio di fabbrica del clan Pesce che emerge fin dalle prime indagini coordinate negli anni Novanta dal procuratore Cordova.

Ma la lotta alla ‘Ndrangheta ha fatto recentemente registrare anche un altro importante colpo in Calabria. Per ordine della Dda di Catanzaro, la Squadra mobile e lo Sco hanno posto i sigilli sul patrimonio nascosto del pentito Gennaro Pulice, che a Lamezia Terme come in Piemonte, Lombardia e Abruzzo, aveva costruito un impero nel settore delle costruzioni.

Tra le società sequestrate spicca la “Costruzioni Generali srl”, affidataria di lavori per la realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria ligure Andora-San Lorenzo, della quale è titolare l’imprenditore catanzarese Raffaele Dornio, 24 anni, figlio di Gaetano Dornio, anch’egli imprenditore e destinatario del provvedimento di sequestro, con cui Pulice risulta aver intrattenuto rapporti economici sin dal 2009/2010.

in passato Pulice si è macchiato di cinque omicidi, il primo dei quali commesso a soli 15 anni per vendicare la morte del padre, riuscendo lo stesso a completare il suo percorso accademico, oltre a svariate avventure imprenditoriali, sia in Italia che all’estero. Quando si è pentito, è stato lui stesso a svelare la rete di società costruite fra Svizzera e Slovenia, tutte messe in piedi per realizzare truffe alle banche elvetiche e serbe.

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